Cromatura: e l’auto è più bella

Uno dei metodi più diffusi per migliorare l’aspetto estetico di una vettura è senza dubbio quello di cromarne i particolari. L’effetto finale, a tutti ben noto, di una superficie perfettamente liscia, lucida, e riflettente come uno specchio, è sicuramente un miglioramento qualitativo che può conferire a qualsiasi automobile un aspetto più piacevole. Non si pensi però che la sola ragione per cui le componenti automobilistiche vengono cromate sia quella estetica; al contrario, lo strato di cromo ha ben altri vantaggi e funzioni, molto più concrete e, se vogliamo, importanti per il mantenimento dell’integrità strutturale dei pezzi.

Spiegata nella maniera più breve e semplice possibile, la cromatura altro non è che l’applicazione di uno strato estremamente sottile di cromo sulla superficie di un oggetto di metallo, che sia ferro, o rame, o uno di molti altri possibili. Questo genere di operazione ricade fra i cosiddetti trattamenti di finitura. La caratteristica che rende proprio il cromo desiderabile per effettuare questa operazione è il suo comportamento quando è a contatto con l’ossigeno nell’aria; mentre infatti il ferro ossidandosi diventa fragile e si sfalda – tutti conosciamo la ruggine – il cromo si ossida in una forma molto stabile, che va a costituire un guscio protettivo intorno al metallo sottostante.

Per ottenere questo risultato, è necessario procedere in maniera rigorosa. Innanzitutto, infatti, è necessario pulire a fondo – il che solitamente significa “in acido solforico” – il pezzo da cromare, così da rimuoverne ogni minima traccia di impurità. Successivamente, si passa ad immergere il pezzo in una soluzione elettrolitica, nella quale sono disciolti sia cromo che altre sostanze chimiche, a seconda dello specifico effetto che si desidera ottenere; anche la temperatura deve essere mantenuta entro confini precisi. A questo punto, viene fatta passare corrente elettrica nel bagno di cromo, e per elettrolisi gli ioni di questo metallo vengono strappati al liquido e vanno a depositarsi in uno strato uniforme sulla superficie del pezzo, con uno spessore la cui entità è determinata dall’intensità della corrente applicata.

Finiture a basso attrito: scopriamole

Può essere che, se escludiamo la famosa e onnipresente cromatura, che tutti ormai sappiamo riconoscere e apprezzare, il termine di “finiture superficiali” risulti per la stragrande maggioranza di noi qualcosa di piuttosto misterioso, che possiamo confusamente intuire essere legato al mondo industriale, ma che probabilmente non sappiamo nemmeno identificare con chiarezza nelle sue modalità e nelle sue funzioni. Eppure le possibilità di questi trattamenti sono eccezionali, e i loro risultati utilissimi per ciascuno di noi. Prendiamo, ad esempio, le finiture a basso attrito, o antiaderenti.

Il procedimento più moderno a tal proposito è quello a deposizione chimica di vapore. Gli oggetti da ricoprire vengono inseriti in apposite camere di reazione, dove il composto chimico di cui si comporrà la finitura viene immesso in forma gassosa e portato a reagire sulle superfici interessati tramite reazione chimica. Il risultato è uno strato eccezionalmente sottile e uniforme, dell’ordine dei millesimi di millimetro, in grado di ricoprire anche le superfici più complesse e ricche di nicchie e fessure in maniera perfetta. Le superfici su cui si pratica il trattamento sono solitamente gli acciai inossidabili e quelli ad alta velocità, che possono ben tollerare le temperature di reazione elevatissime tipiche della procedura.

Alla fine, questo come altri procedimenti in uso (come la deposizione fisica di vapore, eventualmente assistita o potenziata al plasma) portano a risultati finali paragonabili: una finitura superficiale con una straordinaria aderenza al materiale di substrato, perfettamente uniforme a prescindere dalla geometria del pezzo, e dotata di straordinarie caratteristiche fisiche. Queste includono una estrema durezza, la conseguente ottima resistenza all’usura e alla corrosione, e un bassissimo attrito, traducibile nella non’aderenza della superficie finale, in maniera simile al teflon ma con una qualità assolutamente imparagonabile.