Alluminio in lingotti, alluminio a barre, alluminio ridotto a membrana sottile, sali d’alluminio… forse per via della sua straordinaria profusione sul nostro pianeta (l’alluminio è la terza sostanza più presente sul pianeta Terra, dopo l’ossigeno e il silicio: basti immaginare che da solo rappresenta l’8%, un dodicesimo, del peso della parte solida della Terra), forse e più presumibilmente per le sue particolari e utili caratteristiche fisiche e chimiche (ossia la sua bassissima densità e la sua facoltà di resistere alla corrosione), questo metallo non ferroso trova vasta applicazione in una considerevole moltitudine di settori industriali: nel 2012 si stima ne verranno prodotti circa 40 milioni di tonnellate, una quantità superiore a quella di tutti gli altri metalli eccetto il ferro. Ma qual è la storia autentica di questo elemento? È una storia che ha lontanissime radici, ma una reale applicazione solo recente: nessuno aveva mai visto un lingotto d’alluminio fino a meno di duecento anni fa. Ripercorriamola insieme!
Come per moltissimi altri materiali, oggetti, e invenzioni che siamo abituati a considerare conquiste esclusive del mondo avanzato in cui viviamo, ritroviamo il primo impiego dell’alluminio presso gli antichi Greci e Romani. Non tuttavia nella sua forma pura, peraltro rarissima in natura (esistono in compenso duecentosettanta diversi minerali di alluminio) ma sotto forma di sale, che veniva utilizzato per la colorazione dei tessuti e per arginare le emorragie (lo stesso allume, intensamente astringente, che i barbieri usavano, fino a non molto tempo fa, per sigillare subito i taglietti da rasoio).
Tuttavia, nient’altro viene scoperto su questo elemento, né ne vengono sviluppate applicazioni diverse, per secoli e secoli: dobbiamo infatti giungere, per vedere una novità, al 1761, anno in cui viene proposto da Guyton de Morveau il nome di “Allumina” per l’allume base, e al 1808, allorquando gli esperimenti di Humphry Davy dimostrano l’esistenza di una base metallica dell’allume stesso, elemento che lui propone di chiamare prima “alumium” e poi “aluminium”.Nel 1825, nemmeno vent’anni dopo, un fisico e chimico di origine Danese, Hans Christian Ørsted, riesce ad estrarre da una reazione di amalgama di potassio e cloruro anidro di alluminio un blocco metallico dall’aspetto molto somigliante allo Stagno: si tratta del primo campione di alluminio metallico quasi puro della storia della chimica. Passano solo due anni prima che, con i successi di Friedrich Wöhler nel reiterare l’esperimento, la rivelazione e la prassi vengano confermate come valide.
Gli anni successivi all’isolamento dell’alluminio metallico sono dominati dalla caccia di un sistema che renda praticabile superare la costosissima procedura di Ørsted e Wöhler ed asportare l’alluminio dai suoi minerali con costi più sostenibili. Nel frattempo, l’alluminio si trova a godere un mezzo secolo di vita da metallo prezioso: anzi, preziosissimo, addirittura e realmente più prezioso finanche dell’oro. In alluminio viene realizzata la sommità del monumento dedicato a Washington: non pesa neanche tre chili, ma in compenso ha un costo pari al lavoro di un giorno di cento operai.
E ad un banchetto dato da Napoleone III di Francia, mentre gli ospiti importanti mangiano con posate d’oro, per quelli di straordinario riguardo viene scelto, ed ostentato orgogliosamente, un servizio da tavola completamente, precisamente, in alluminio. È solo nel 1886 che, proprio in Francia, Hall-Héroult sviluppa il metodo che anche oggi usiamo per estrarre l’alluminio, quello elettrolitico, aprendo la via per una diffusione massiccia dell’impiego di tale metallo in tutti gli ambiti industriali.